9 oct. 2008

La Gelmini difende la casta. E ti pareva

Nulla da dire, gli ipocriti sono tornati in prima linea.

Nel 2009, per la prima volta in 800 anni di storia, e come mai è successo al mondo, nessun nuovo ricercatore prenderà servizio in Italia. In nessun ateneo e in nessuna disciplina.

Mentre in tutto il resto d’Europa e del pianeta si investe di più in ricerca, da noi fino a fine legislatura è stato programmato solo di tagliare. Teste. Teste giovani. Teste pensanti.

Ecco come nell’Università di Mariastella Gelmini il lento declino è divenuto un crollo verticale per l’Università e la ricerca scientifica pubblica in Italia.

Immaginate un laboratorio universitario in Farmacia dove si fa ricerca sul cancro. Immaginate che vi lavorino cinque tra professori e ricercatori di ruolo. Con la legge 133, approvata il 6 agosto in un’aula sorda e grigia e in un paese in vacanza, nessuno dei loro collaboratori precari, per quanto indispensabili e meritevoli, potrà entrare in ruolo senza che TUTTI i cinque già strutturati non vadano prima in pensione. Ergo: quel laboratorio è destinato a chiudere e il precario meritevole deve andarsene a vincere il Nobel negli Stati Uniti.

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Non starei a decantare la morte dell'università solo perchè questo governo ha bloccato le assunzioni fino al 2013 dei nuovi ricercatori. La morte è stata decretata, a suo tempo, da una casta baronale che non viene minimamente toccata da questo "assalto". Ma non mi dite...

Mi permetto di riportare il commento di stefania solo perchè lo condivido appieno.

..mi dispiace Gennaro. Ma non concordo con te. La tua è un esperienza che ti coinvolge personalmente e non metto in dubbio la tua preparazione e le tue capacità. Ma la mia esperienza è molto molto diversa. La carriera universitaria che inizia solitamente con un misero (economicamente parlando) dottorato o con qualche assegno è totalemnte negata a chi non viene palesemente raccomandato. I baroni aprono la strada a figli, nipoti, amici di amici etc. Il proliferare di atenei universitari negli ultimi vent’anni ha distribuito poltrone e fior di stipendi a baroni incapaci e ignoranti. Tagliare il numero di ricercatori (che vuol dire tagliare futuri ordinari pronti a vendere il cuore della madre pur di arrivare a tanto) mi rasserena. Perchè la ricerca non si fa nelle università italiane nè negli istituti di ricerca statali (…altro tasto dolente!). Chi scrive è una biologa con anni di esperienza all’ estero che, tornata in Italia per motivi familiari, si è vista sbattere la porta in faccia da docenti analfabeti (spiaccicano a malapena qualche parola di inglese) occupatissimi a grattare soldi per organizzare qualche inutile convegno sul sesso degli angeli o a prenotare alberghi per qualche congresso in paradisi tropicali. Nel tempo libero pubblicano boiate in copartecipazione con il figlio e il nipote, futuri docenti.
Non difendiamo la Gelmini perchè non lo merita; ma non difendiamo neanche questa casta parassita che paralizza la ricerca in questo paese.